Cambiare il CCNL: una scelta per la crescita di tutta l’azienda, da fare consapevolmente

Dalle condizioni necessarie alle procedure corrette, come gestire un cambio tutelando il capitale umano dell’impresa


Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è il fondamento su cui si basa il rapporto tra un'azienda e i suoi dipendenti.

Non si tratta di un mero documento burocratico, ma di una cornice che definisce diritti, doveri, retribuzioni e normative, garantendo equilibrio e stabilità nel mondo del lavoro.

Per questo motivo, comprendere a fondo le dinamiche legate al CCNL è cruciale per ogni imprenditore o professionista HR, poiché un'errata applicazione o una gestione superficiale può avere ripercussioni significative.

Questo articolo si propone di fare chiarezza su un aspetto spesso sottovalutato: la possibilità per il datore di lavoro di cambiare il CCNL applicato e le procedure corrette per farlo.





Che cos'è un CCNL e come si sceglie?

Un CCNL è un accordo stipulato tra le associazioni datoriali e i sindacati dei lavoratori. 

Esso regola i contratti individuali di lavoro in un determinato settore produttivo, stabilendo una serie di norme comuni come le tabelle retributive, l'orario di lavoro, i permessi, le ferie e il trattamento di fine rapporto. 

Contrariamente a quanto molti pensano, per ogni settore economico non esiste un solo CCNL, ma diversi contratti che possono essere applicati. Ad esempio, per il settore del commercio, esistono CCNL firmati da diverse sigle sindacali e datoriali, ognuno con le proprie specificità. 

La scelta del CCNL da applicare è una facoltà del datore di lavoro, il quale ha il diritto di optare per quello che meglio si adatta alle esigenze e al modello organizzativo della propria impresa, purché rispetti i minimi salariali e normativi definiti dalla legge.


Il datore di lavoro può cambiare il CCNL?

Sì, il datore di lavoro ha la facoltà di cambiare il CCNL applicato. 

Questa decisione, tuttavia, non può essere presa unilateralmente e senza precauzioni, poiché riguarda direttamente i diritti e le condizioni dei lavoratori. 

Condizione “sine qua non” per poter effettuare un cambio di CCNL è la cosiddetta "invarianza" delle condizioni economiche e normative. 

In altre parole, l'azienda deve garantire che il nuovo CCNL non sia peggiorativo per i dipendenti, mantenendo almeno gli stessi livelli retributivi (paga base, scatti di anzianità, superminimi) e normativi (ferie, permessi, orario di lavoro) previsti dal contratto precedente. 

Il datore di lavoro ha l'onere di dimostrare questa invarianza, e per questo motivo è sempre consigliabile affidarsi a degli esperti (il consulente del lavoro oppure contattando VALITALIA PMI) per una valutazione comprensiva di ogni singolo aspetto. 

E’ importante ricordare che in caso di mancato rispetto di questa condizione, il cambio potrebbe essere considerato illegittimo, e impugnato in sede giudiziaria.


Quando e come si può cambiare il CCNL?

Il cambio di CCNL può avvenire in due momenti specifici, che richiedono procedure diverse.

1. Cambio a scadenza del CCNL applicato

Questa è la situazione che comporta qualche adempimento in meno rispetto a quella del punto successivo. 

Il CCNL ha una sua durata, solitamente triennale per la parte economica e quadriennale per la parte normativa. Alla scadenza, o poco prima, il datore di lavoro può decidere di non rinnovare il contratto precedente e di applicarne uno nuovo.

Cosa fare: L'azienda deve comunicare ai dipendenti l'intenzione di cambiare CCNL.

È opportuno effettuare una comparazione analitica tra il vecchio e il nuovo contratto per dimostrare l'invarianza delle condizioni.

Successivamente, si dovrà procedere all'adeguamento delle buste paga e dei contratti individuali di lavoro.

In questo scenario, non è necessario un accordo formale con il sindacato o i singoli lavoratori, ma è una prassi di buona fede informare e chiarire i motivi della scelta.


2. Cambio in "continuità"

Questa procedura avviene quando il datore di lavoro decide di cambiare CCNL prima della sua scadenza naturale. 

È una prassi più delicata, poiché non è legata alla conclusione del periodo di validità del contratto precedente.

Cosa fare: Anche in questo caso è fondamentale che il nuovo CCNL garantisca condizioni non peggiorative.

La procedura richiede una comunicazione formale ai dipendenti.

In questo contesto, è altamente consigliato avvalersi di un accordo sindacale o, in sua assenza, un accordo individuale con ogni dipendente.

L'accordo serve a formalizzare il consenso al cambio e a dare maggiore legittimità all'operazione. Se un lavoratore non dovesse acconsentire, il datore di lavoro potrebbe trovarsi in una situazione complessa.

Il datore di lavoro è tenuto a rispettare le condizioni minime previste dal CCNL precedente, salvaguardando i "diritti quesiti" (ad esempio, gli scatti di anzianità maturati).

È fondamentale, quindi, che il nuovo contratto individui un modo per assorbire queste condizioni o che il datore di lavoro si impegni a mantenerle tramite un superminimo assorbibile.

La gestione di questa transizione è complessa e richiede una consulenza specializzata per evitare tensioni in azienda, che possono sfociare in contenziosi legali.


In conclusione, il cambio di CCNL è un'opportunità strategica per un'azienda, ma richiede una pianificazione meticolosa e una grande attenzione al rispetto dei diritti dei lavoratori. 

Agire con trasparenza e avvalersi di professionisti del settore è la chiave per una transizione di successo.


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