Il Contratto a Chiamata: Tra Flessibilità ed Incognite
Il Contratto a Chiamata: viaggio tra le opportunità e le criticità di un Lavoro Flessibile ma pieno di incognite
Il Contratto a Chiamata: Guida Pratica e Criticità di una Forma Contrattuale Atipica
Nel panorama del mercato del lavoro italiano, il contratto a chiamata, o "lavoro intermittente", rappresenta una delle forme contrattuali più flessibili e, al tempo stesso, più dibattute.
E’ importante premettere che l'Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha confermato la sua validità, fornendo chiarimenti recenti (Luglio 2025).
Regolato principalmente dagli articoli 13 e seguenti del D. Lgs. n. 81/2015, questo strumento è pensato per rispondere a esigenze produttive di natura discontinua o intermittente, consentendo alle aziende di avvalersi di personale solo quando strettamente necessario.
Ad oggi rimane una forma contrattuale diffusa: il 2024, ad esempio, ha registrato una crescita del 3% nelle attivazioni.
Che cos'è il Contratto a Chiamata?
Il contratto a chiamata è un contratto di lavoro subordinato (a tempo determinato o indeterminato) in cui il lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro, il quale può richiederne la prestazione lavorativa in base alle proprie necessità.
La caratteristica principale è l'assenza di un orario di lavoro prestabilito: il dipendente viene "chiamato" a lavorare solo su richiesta dell'azienda, con un preavviso minimo stabilito dal contratto (non inferiore a un giorno lavorativo).
Esistono due tipologie principali:
Con obbligo di disponibilità: il lavoratore si impegna a rispondere alla chiamata del datore di lavoro. In questo caso, ha diritto a un'indennità di disponibilità per i periodi in cui non lavora ma rimane a disposizione.
Senza obbligo di disponibilità: il lavoratore è libero di accettare o meno la chiamata. Non ha diritto ad alcuna indennità di disponibilità.
Quando e dove si applica: settori e limiti normativi
L'utilizzo del contratto a chiamata è vincolato a specifiche condizioni. In linea generale, può essere stipulato in due casi:
Esigenze oggettive: per prestazioni lavorative di carattere discontinuo o intermittente, le cui casistiche sono individuate dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali. In assenza di tali previsioni, si fa riferimento a una lista di attività (come quelle di custodi, camerieri, addetti ai trasporti) allegata al Regio Decreto n. 2657 del 1923.
Requisiti soggettivi: indipendentemente dalla natura dell'attività, è sempre ammesso per lavoratori di età inferiore ai 24 anni (purché le prestazioni si concludano entro il compimento del venticinquesimo anno di età) o superiore ai 55 anni.
I settori che tradizionalmente fanno maggiore ricorso a questa forma contrattuale sono quelli che per loro natura hanno picchi di lavoro stagionali o legati a eventi specifici.
I principali sono:
Turismo e Pubblici esercizi: alberghi, ristoranti, bar e stabilimenti balneari, dove l'attività è strettamente correlata alla stagione o agli eventi.
Spettacolo: per la gestione di eventi, concerti, fiere.
Commercio: commessi e addetti vendita in occasione di saldi, festività o periodi di alta affluenza.
Le criticità di un rapporto di lavoro "a chiamata"
Nonostante la sua utilità per le aziende, il contratto a chiamata presenta diverse criticità, soprattutto dal punto di vista del lavoratore:
Instabilità e incertezza del reddito: l'assenza di un orario fisso e la dipendenza dalla chiamata del datore di lavoro rendono il reddito del lavoratore estremamente variabile e difficile da pianificare.
Mancanza di continuità: lunghi periodi di inattività, soprattutto nei contratti senza obbligo di disponibilità, possono non solo generare una perdita economica, ma anche rendere difficile l'accesso a diritti come la NASpI, che richiede un minimo di contributi versati.
Rischio di abusi: la flessibilità intrinseca del contratto può, in alcuni casi, sfociare nell'uso improprio dello strumento, ad esempio per coprire esigenze di lavoro non discontinue o per aggirare le tutele dei contratti a tempo pieno. La normativa stabilisce infatti un limite massimo di 400 giornate di lavoro effettivo per ciascun lavoratore nell'arco di tre anni solari (con l'eccezione dei settori del turismo, pubblici esercizi e spettacolo), il cui superamento comporta la conversione del contratto a tempo indeterminato.
Violazione delle tutele: la mancata valutazione dei rischi, obbligatoria per legge, inibisce la possibilità di stipulare contratti a chiamata. In assenza di questa valutazione, il contratto risulta nullo e si converte in un ordinario rapporto di lavoro subordinato.
Conclusioni
Il contratto a chiamata è uno strumento che offre flessibilità sia alle aziende che, in alcuni casi, ai lavoratori che cercano una maggiore autonomia.
Tuttavia, è fondamentale che il suo utilizzo avvenga previa valutazione dei rischi che potrebbe comportare, nel rispetto della normativa vigente e che non diventi un pretesto per eludere le tutele del lavoratore.
La sua applicazione corretta richiede una chiara comprensione delle regole e una gestione trasparente del rapporto (che può concretizzarsi anche esplicitando chiaramente tipologia di attività, fasi di lavoro etc…), elementi essenziali per garantire la dignità e la sicurezza del lavoro.
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