Cassazione ed orario di lavoro: quali sono i periodi retribuibili durante i periodi di trasferimento o di permanenza in specifiche aree
Orario di Lavoro e Responsabilità Datoriale: i chiarimenti della Cassazione
Il tema dell'orario di lavoro è spesso al centro dell’attenzione nel diritto del lavoro, non solo per l’importanza che riveste per la retribuzione, ma anche per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.
È un ambito piuttosto dibattuto e spesso oggetto di controverse e contenziosi nelle dinamiche aziendali, specialmente in contesti che richiedono flessibilità o spostamenti.
La corretta individuazione del momento in cui inizia e finisce la prestazione lavorativa, e cosa rientri nel tempo retribuibile, sono pertanto elementi essenziali per la gestione del personale e per la compliance normativa.
L'Ordinanza 10648/2025 e il Criterio del "Controllo"
L'Ordinanza della Corte di Cassazione n. 10648 del 23 aprile 2025 interviene per fornire un'importante interpretazione sul concetto di orario di lavoro retribuibile, con particolare riferimento ai tempi di trasferimento o di permanenza in specifiche aree.
Il principio cardine ribadito dalla Suprema Corte è che l'orario di lavoro effettivo deve essere individuato in base al criterio della disponibilità e del controllo datoriale sulla prestazione del lavoratore.
Affinché un periodo possa essere qualificato come orario di lavoro retribuibile, è necessario che il lavoratore si trovi in una situazione di:
Soggezione alle direttive del datore di lavoro.
Impossibilità di disporre liberamente del proprio tempo, anche se non svolge mansioni operative in senso stretto.
Applicazione ai Tempi di Spostamento e Formazione
Sebbene la giurisprudenza abbia già trattato ampiamente i tempi di vestizione/svestizione o i tempi di viaggio imposti dalla sede, l'Ordinanza in oggetto ha fornito chiarimenti in un contesto specifico (il cui caso di specie va inteso come esemplificativo del principio):
Tempo di Percorrenza/Trasferimento: Se il lavoratore, pur non essendo ancora nella sede definitiva di lavoro, è già vincolato a svolgere attività preparatorie, ricevere istruzioni, o è obbligato a utilizzare un mezzo specifico o a percorrere una tratta designata dal datore di lavoro, tale tempo rientra nell'orario di lavoro. L'elemento determinante non è l'effettiva produzione, ma la restrizione della libertà personale imposta dal vincolo organizzativo aziendale.
Formazione Obbligatoria: In linea con la giurisprudenza consolidata (e applicabile in questo contesto di "controllo"), la Cassazione riafferma implicitamente che la formazione obbligatoria disposta dal datore di lavoro deve essere considerata orario di lavoro.
La Distinzione tra Sede e Strumento
L'Ordinanza contribuisce a superare una visione eccessivamente restrittiva che identifica l'orario di lavoro con la sola presenza fisica nella sede operativa.
La Cassazione stabilisce che se il tempo è impiegato per attività strumentali e necessarie all'esecuzione della prestazione, e su tale impiego il datore esercita un potere di direzione o vigilanza, si configura l'orario di lavoro.
Al contrario, il semplice tragitto casa-lavoro non è retribuibile, perché in quel frangente il lavoratore ha la piena libertà di gestione del proprio tempo e percorso.
In sintesi, l'Ordinanza 10648/2025 rafforza la protezione del lavoratore, ponendo il vincolo di subordinazione e la disponibilità di tempo come parametri prevalenti rispetto al luogo o alla natura dell'attività svolta.
Considerazioni finali
L'applicazione di questo principio richiede ai datori di lavoro un'attenta organizzazione/revisione delle politiche aziendali sui trasferimenti, le trasferte e la gestione dei tempi non direttamente produttivi, al fine di garantire la corretta retribuzione e conformità normativa.
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